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"Alex Zanardi e la regola dei 5 secondi"


Oggi ripubblico un articolo del grande Massimo Gramellini per il Corriere della Sera. E' un articolo che mi è stato fatto notare da una mia paziente e per il quale non sono riuscita a non commuovermi.

La forza, il coraggio, la capacità di vedere possibilità dove la maggior parte di noi vede un buio senza fine.

Alex ci insegna che siamo noi a determinare ciò che è possibile raggiungere.

"Il giorno stesso in cui tornò a casa senza le gambe, Alex Zanardi volle sfidare suo nipote a nascondino. Prima si infilò nel caminetto. Poi avvicinò due sedie e ci si sdraiò sopra, coprendosi con un plaid. Infine, si mimetizzò dentro il portavivande. La sera, il nipote confidò alla madre: «Da grande voglio guidare una macchina da corsa e non avere le gambe come lo zio». Alex sostiene che, dei tanti complimenti che ha ricevuto, quello rimane per distacco il più bello. Il complimento di un bambino a un uomo che, per rinascere, ha saputo tornare bambino. Zanardi suscita meraviglia in chiunque, però non hai mai fatto pena a nessuno. Forse perché il primo a non avere mai provato commiserazione per sé stesso è lui. Ogni volta che ci incontriamo, mi interroga sulla sua famosa Regola dei Cinque Secondi, tanto che oramai la conosco a memoria: «Quando in una gara ti accorgi di avere dato tutto, ma proprio tutto, tieni duro ancora cinque secondi, perché è lì che gli altri non ce la fanno più». Lui non si limita a declamarla. La applica nelle corse, contro avversari che ormai hanno la metà dei suoi anni. E la applica nella vita, da quando è nato e da quando è rinato, dopo che un incidente lo ha tagliato in due e in un letto d’ospedale tedesco è stato costretto a decidere se pensare alla metà di corpo che gli era rimasta o a quella che aveva perduto. Nessuno più di lui avrebbe diritto di passare il tempo a lamentarsi e a maledire il destino, che per Zanardi ha sempre avuto la forma di una striscia d’asfalto: sua sorella morì in un incidente automobilistico, in un altro Alex lasciò una parte di sé, ed è su una strada in leggera discesa che ieri è andata a sbattere contro un camion quella sua adorabile testa dura. Potrebbe lamentarsi, ma non lo fa. Lo considera uno stupido dispendio di energie. Alla tentazione del vittimismo ha sempre opposto lo scudo dell’autoironia: «Sono così emozionato che mi tremano le gambe» è una delle sue battute preferite e la pronuncia rimanendo serissimo, come i comici veri. Ogni volta che lo si guarda o lo si sente parlare, non si può fare a meno di pensare che tutti, dentro, ci sentiamo simili a come Zanardi è fuori: derubati di qualcosa e costretti a spingere. Solo che lui, dentro, è come noi purtroppo non ci sentiamo quasi mai: completo, sicuro di sé e animato da una passione implacabile per la vita che lo porta a concentrarsi su tutto ciò che fa, e a goderne, come se lo stesse sempre facendo per la prima volta. Se chiudo gli occhi, lo rivedo alla maratona di Venezia trascinare per oltre quaranta chilometri un amico malato di Sla e scendere dalla carrozzina a un metro dal traguardo per sospingerlo in avanti, saltellando sui moncherini come se fossero delle molle. Ha imparato a giocare con tutto ciò che avrebbe potuto farlo disperare.

Al David Letterman Show arrivò ad appoggiarsi una tazza di tè sulla protesi per illustrare i vantaggi della sua condizione. E il pubblico americano, che per queste cose va pazzo, gli tributò un’ovazione. Una volta ha detto che non vorrebbe riavere indietro le gambe per paura di non riuscire a essere altrettanto felice, ma io non so se credergli. Quelli come lui coltivano la felicità alla stregua di una vocazione e sanno stare bene con sé stessi in qualunque stato. Alex sarebbe Zanardi anche con le gambe. Senza, è semplicemente più utile a noi, che vorremmo avere il suo stesso sguardo meravigliato sul mondo e la sua stessa ostinata allergia per la parola «limite». Alex Zanardi, detto Zanna, è illimitato: che non significa presuntuoso, ma solo talmente vasto da avere inglobato tutti i confini della natura umana. Roberto Vecchioni gli ha cucito addosso un verso su misura: «Se non posso correre né camminare, imparerò a volare». E anche a giocare a nascondino con la vita, infondendovi la gioiosa serietà di un bambino. La sua canzone preferita è «Don’t stop me now» dei Queen e in chiusura gliela sparo idealmente a pieno volume nelle orecchie. Non fermarti ora, Alex."

* Fonte - Corriere della Sera

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