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Positività tossica


* Articolo scritto e concepito da Elisa M. *

Non c’è nulla di male nell’affrontare la vita con positività, ma nel momento in cui ci si impone di sperimentare solo ed esclusivamente emozioni positive, rinnegando quelle negative in quanto ritenute nocive, si parla di positività tossica.

La vulnerabilità, però, è parte della natura umana, pertanto è ineluttabile non stare sempre bene e provare emozioni quali la tristezza o la rabbia ed è importante capire che queste ultime non sono qualcosa da cui dover fuggire, ma vanno accolte e lasciate scorrere liberamente in noi, senza opporre resistenza.

Tuttavia la società odierna, avente come interesse prioritario la produttività, pretende il massimo da noi costantemente, indipendentemente dalla nostra condizione mentale; inoltre, essendo tendenzialmente frivola, esige che appariamo sempre al top, con volti freschi e sorridenti, a prescindere dalle battaglie interiori che ciascuno di noi sta combattendo.

Tutto ciò porta le persone a sentirsi in difetto e ad essere assalite dai sensi di colpa nel momento in cui si trovano a fare i conti con un malessere, inducendole a sentirsi in dovere di reprimere il dolore nella speranza che passi e di mostrarsi felici malgrado tutto.

Ma fingere di stare bene non risolve le cose: la sofferenza va attraversata perché possa essere elaborata, non evitata.

Un ottimo modo per curare le ferite della nostra anima è parlarne: “una sofferenza non solo «divisa», ma anche «con-divisa» è già solo per questo una sofferenza a metà” (Viktor Emil Frankl, Alla ricerca di un significato della vita).

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